La riscoperta del vicino oriente antico è avvenuta nel corso del XIX secolo ad opera di inglesi, francesi e, in seconda battuta, tedeschi. Il contributo dell'Italia è stato indubbiamente minore, lo testimoniano la qualità delle collezioni conservate nei diversi musei nazionali (Louvre e British museum in primis). Non che i Savoia fossero indifferenti al fascino delle antichità esotiche: semplicemente preferivano di gran lunga l'incomparabile monumentalità dell'Egitto. Non a caso il museo egizio di Torino è, al mondo, il secondo per importanza dopo quello del Cairo.
Diciamolo pure: l'Italia in medioriente è arrivata oltre tempo massimo. Ciò non toglie che, a partire dagli anni sessanta, il nostro paese si sia impegnato con alcune missioni archeologiche in medioriente.
Una in particolare ha rappresentato la svolta e il salto di qualità del nostro settore scientifico in questo ambito di ricerca.
Tell Mardick, nella Siria nordoccidentale, ha sempre suscitato grande curiosità nei ricercatori che lo visitavano. Il perché è presto detto: si tratta di un tell dalla forma circolare e di notevoli dimensioni, quasi 200 m di diametro, circondato da un poderoso terrapieno di forma ovale. Il terrapieno misura circa tre chilometri e nei punti più alti supera i quindici metri d'altezza.
Nessuno negava il fatto che si dovesse trattare di un centro di notevole importanza, ma l'identificazione di un tell con una città (nota o meno dalle fonti epigrafiche di tutto il vicinoriente) non poteva avvenire fino al ritrovamento di un prova documentale. Talvolta può bastare un'iscrizione in situ a fornirci il toponimo, ma in casi di dubbia localizzazione originale del reperto si rende necessario il ritrovamento dell'archivio cuneiforme.
Sono occorsi più di dieci anni di scavi per venire a capo dell'enigma di Tell Mardick; dieci anni di significative conferme sull'importanza del centro, prima tra tutte l'esistenza di un "palazzo monumentale" che indicava con certezza l'esistenza di una classe dirigente organizzata e ricca.
Tuttavia non mancavano le ipotesi di identificazione: tra le tante la più ambiziosa era certamente quella che individuava in Tell Mardick il luogo dove sorgeva la città di Ebla, un toponimo notissimo, diffuso in tutto il medioriente. Le fonti epigrafiche descrivevano Ebla come una città ricca e potente, centro di una rete commerciale che andava dall'Anatolia alla Mesopotamia. La comunità scientifica internazionale non nascose il proprio scetticismo verso un'identificazione tanto ambiziosa: sembrava quasi che questi italiani, gli "ultimi arrivati" nella corsa alla riscoperta del Vicino Oriente, si affidassero al sensazionalismo per nobilitare la propria posizione. Fu nel 1975 che le fatiche della missione archeologica italiana in Siria, guidata dal prof. Paolo Matthiae, vennero premiate con il ritrovamento, in un ambiente del cosiddetto Palazzo G, di un vastissimo archivio cuneiforme.
Le prime sommarie analisi testuali misero subito in evidenza come la lingua fosse del tutto originale (a differenza della grafia che era la stessa usata nel III millennio in Mesopotamia).
L'importanza del ritrovamento non consisteva solo nella conferma dell'identificazione di Tell Mardick con Ebla, ma soprattutto nel ritrovamento, per la prima volta, di un archivio cuneiforme risalente al III millennio in Siria.
Dopo oltre quaranta anni di scavi e di studi si conoscono molti aspetti della storia eblaita. Le informazioni provenienti dallo studio dell'archivio cuneiforme ci hanno restituito l'immagine di una città fulcro di un impero commerciale capace di raggiungere non solo il medioriente ma addirittura l'Egitto e l'Afghanistan.
La conquista della città, da parte di Naramsin nel III millennio e di Murshili nel II, fu impresa degna di entrare negli annali di questi illustri sovrani.
Ci sono stato ad Ebla, era il 2001. Ero in compagnia di alcuni miei compagni d'università che ho perso ormai di vista. Magari un giorno li rincontrerò.
Era ormai tardo pomeriggio ma la luce pomeridiana non mi impedì di rimanere impressionato dal biancore del terreno e delle rocce calcaree. L'etimo stesso del nome della città sembra derivare proprio da questa particolarità del terreno (* 'abl => "rocce bianche").
L'area già scavata è stata restaurata in senso conservativo e trasformata in parco archeologico. Mentre visitavamo il sito ci siamo accorti che il terreno che calpestavamo era pieno di frammenti minuti di ceramica antica; pezzi di storia quotidiana persi nello scorrere del tempo. E io li calpestavo. Tutt'intorno ragazzini del luogo che tentavano di venderci frammenti di qualcosa che avevano trovato gironzolando per gli scavi.
Poi il sole iniziò davvero ad abbandonarci e in compenso si alzò un vento forte e caldo; per tutta la piana si alzavano nuvole di polvere bianca che, alla luce tarda del giorno, sembravano rossastre.
La notte ho dormito ad Aleppo, preso il famoso Hotel Baron, quello di Lawrence d'Arabia e Agata Christie. Dopo la doccia sono sceso al bar dell'Hotel e ho sorseggiato un whisky tra una sigaretta e l'altra.
Avevo visto Ebla, ne avevo respirato il vento del meriggio e avevo camminato sui sui frammenti.
In alto un' immagine del Palazzo G di Tell Mardick.
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