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giovedì 11 marzo 2010

La presa di Babilonia


Esiste una città nel vicino oriente che tutti conoscono e che immediatamente richiama alla mente scenari esotici di eccezionale suggestione: Babilonia (in accadico Bab-ilum, "Porta degli dèi").
Si tratta senza dubbio del centro urbano più noto e glorioso della storia del vicino oriente antico ma, contrariamente a quello che la maggior parte delle persone possono credere, solo in determinate e limitate fasi della sua storia fu sede di un grande potere politico e militare.
Le origini del centro abitato sono ancora ignote, ma è ormai appurato che Babilonia assunse una dimensione realmente "urbana" solo a partire dal 19° secolo a.C.; prima di questa data, che coincide con l'avvento di Hammurabi e della dinastia amorrea, il toponimo di Babilonia non trova riscontri significativi né nella documentazione epigrafica, né in quella archeologica.
All'inizio del II millenio a.C. raccolse idealmente la tradizione culturale sud-mesopotamica delle gloriose città sumeriche (Ur, Uruk, Eridu su tutte) in contrapposizione all'altra nuova potenza emergente, quella assira, sviluppatasi a nord.
Fu centro religioso importantissimo, sede del culto del dio Marduk, una vera "star" internazionale, non solo a livello mesopotamico, ma in tutto il medioriente.
Ed è a Marduk, o meglio alla sua statua, che è legata la storia di oggi.
Siamo alla fine del 17° secolo a.C. e una nuova potenza militare si stava affermando nel lontano altopiano anatolico. Gente nuova - venuta dalle sconfinate steppe russe, parlanti lingue nuove e incomprensibili - si era affacciata nella penisola anatolica tra la fine del III e l'inzio del II millenio a.C..
Ci vollero alcuni secoli prima che questa etnia, numericamente inferiore, si affermasse sul sostrato khattico e prendesse il controllo del potere come classe dirigente.
La prima a parlarne - chiamandoli Etei - è stata la Bibbia e, per molto tempo, si è dubitato della loro stessa esistenza. Oggi sono noti con il nome di Ittiti.
Fu un popolo socialmente poco coeso (caratteristica che ne ha limitato fortemente il potenziale) ma fortemente incline alla guerra. Balzò all'attenzione del mondo (di allora) per un'impresa compiuta dal secondo (e forse più glorioso) re della loro dinastia: Murshili I.
Dettaglieremo più avanti la storia di questo personaggio. Anticipo solo che fu, di gran lunga, il più "vincente" tra i sovrani ittiti. Molte sono le imprese militari che ha compiuto nella sua breve esistenza, prima tra tutte la presa di Babilonia.
Armatevi di una carta del medioriente, puntate l'indice su Ankara e il pollice su Baghdad. Questa è la distanza che Murshili coprì con un esercito di svariate centinaia di uomini: all'incirca duemila km. Se l'impresa vi pare poco significativa, dovete immaginare che all'epoca non esistevano strade, e le "rotte" - fossero esse commerciali o militari - erano sempre meno certe mano a mano che ci si allontanava da "casa". Nel frattempo, mentre si tentava di raggiungere la destinazione finale, era estremamente probabile cadere in imboscate tese da eserciti ostili che, tra l'altro, si avvantaggiavano della conoscenza del territorio.
Murshili non solo raggiunse Babilonia tutto intero, ma riuscì anche a predarla; non si trattò infatti di un'effettiva conquista: quella degli ittiti fu una vera scorreria che vantò loro un bottino di guerra ricchissimo, degno della più ricca delle città.
Ma non furono né ori né pietre preziose a rendere eterne le gesta di Murshili, ma il furto di qualcosa di ancora più prezioso e sacro: la statua di Marduk.
Le truppe ittite entrarono nell'E-sagila e ne profanarono il sancta sanctorum, laddove era custodita la statua del dio. La asportarono dalla sua sede e la esposero alla luce del sole, suscitando l'orrore dei cittadini; l'immagine del dio rappresentata nella pietra era, per i fedeli di allora, il dio stesso e la sua visone era ad un tempo sublime e terribile.
La statua infine venne condotta fuori dalla città per poi essere abbandonata lungo il percorso di ritorno a casa, forse a causa di un attacco da parte di un esercito nemico.
Il gesto, ovviamente, venne deprecato a livello internazionale e Murshili può essere tranquillamente annoverato tra i "maledetti" della storia del vicino oriente antico; tant'è vero che la tradizione letteraria voleva che su Murshili fosse caduta una maledizione mortale. E forse un fondo di verità c'è dal momento che, poco dopo il rimpatrio, Murshili cadde vittima di un attentato del vile Kantili che gli successe sul trono. In alto a sinistra l'immagina del dio Marduk sul drago Mashusshu.

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